I Grandi Faggi

SAN SEVERINO MARCHE – Monte Canfaito

I grandi Faggi di Canfaito (Fagus sylvatica)

(tratto da “Alberi monumetali delle Marche” di Valido Capodarca, Roberto Scocco Edizioni Uff. vendita 0733 203747)

Circonferenza m. 6,42 m. 6,70 m. 4,35 Altezza m. 25 m. 22 m. 18 Chioma m. 20 m. 16 m. 25 Età anni 500 anni 500 anni 200

faggioIl più grande dei faggi di Canfaito ed anche il maggiore della Regione

Canfaito = dal latino “campum faitum”, ossia “campo di faggi”. Non avrebbe potuto esserci nome più adeguato, per esprimere con una sola parola tutto ciò che si prova, ad immergersi nella più grande concentrazione di superfaggi della regione. Non si tratta di un paese, ma di una località, o, meglio, di un altopiano.

Lo si raggiunge, partendo dal capoluogo comunale di San Severino e portandosi fino alla frazioncina di Elcito, che si lascia sulla destra della strada, staccata da questa di alcune centinaia di metri.

Si prosegue per tre o quattro chilometri di una strada tortuosa, fino ad arrivare ad un cippo posto in mezzo a uno slargo della strada stessa.

In corrispondenza di questo cippo, parte sulla sinistra una stradina in terra battuta che si inoltra in un bosco di faggi. La volta vegetale di questa strada è talmente compatta che, percorrendola in auto d’estate, si rende necessario accendere i fari anche in pieno giorno, per vincerne l’oscurità.

All’uscita dal bosco la strada si fa più agevole e, poche centinaia di metri più avanti, due sbarre consecutive, quasi sempre aperte, ci indicano che ci stiamo inoltrando in una proprietà privata.

Subito viene avvistata l’unica costruzione del luogo e, al di là di quella, prende inizio la serie di straordinari faggi, parte isolati, parte in bosco.

Ne scegliamo tre, delegando loro l’incarico di rappresentare tutta la faggeta.

Il campione assoluto da antologia è quello che definiamo come nr. 1, anche se in termini strettamente numerici la circonferenza del fusto del secondo è maggiore.

Esso impone la sua massiccia figura al margine della stradina che, oltrepassato l’edificio, si inoltra ulteriormente sull’altopiano.

Prima e dopo di esso, a costituire un filare di rara bellezza, altri faggi di non comuni dimensioni.

Ventitré anni or sono il filare veniva introdotto da quello forse esteticamente più valido, essendo dotato di fusto di m. 4,80 di circonferenza, dritto e colonnare.

Per parlare del personaggio principe della faggeta, chiamiamo ancora in causa don Eugenio Angeloni, Arcidiacono del Capitolo della Cattedrale di San Severino, riesumando una sua antica lettera: “II Faggio in questione non ha una storia specifica, anche perché fa parte di una splendida faggeta, in cui però domina in quanto è un po’ più grande degli altri; è un sovrano in mezzo ai giganti; mentre la storia è ampia e documentata per quanto concerne la zona preappenninica, in cui la faggeta si distende e che trova in San Vicino (m. 1480) la cima più alta.

Conversando con i turisti che vengono sul Canfaito son solito dire che il Faggio in questione fa da confine tra un’amministrazione e un’altra. Infatti nel 1486 l’azienda che era stata per tanti secoli di proprietà dei monaci fu donata da Innocenzo VII al Capitolo della Cattedrale di San Severino.

Ebbene, questo Faggio potrebbe risalire a quell’epoca?

E’ una mia supposizione, certamente non suffragata da uno studio botanico accurato, ma che non dovrebbe essere molto lontana dalla realtà”. Se il grande Faggio era sprovvisto di storia fino a ventitré anni or sono, non lo è più da quando, nel 1989, venne pubblicato il I volume di “Alberi Monumentali d’Italia”: il capitolo dedicato alle Marche era alquanto scarno di rappresentanti, ma insieme all’Albero del Piccioni, al Castagno di Gaico, alla Roverella di Passo di Treia, alla Quercia di Moscano, alla Cerquagrossa di Serra dei Conti, al Cedro di Villa Simonetti e al Tasso di Fonte Avellana c’era anche lui, il nostro Faggio, con una splendida foto che ne esaltava bellezza e monumentalità.

La stessa foto coglieva molto bene anche una formazione caratteristica nella figura della pianta, una grossa radice che si racchiude a formare una sorta di chiocciola. Per raggiungere l’esemplare nr. 2, basta restare sul posto e spostarsi di poche decine di metri verso il basso all’interno della faggeta.

Il Faggio è, in realtà, composto di due elementi ed è caratteristico per la capiente caverna alla base che essi hanno in comune, che viene sovente utilizzata dai turisti per prendere il fresco e riposare, ma anche (e poteva essere diversamente?) per gettarvi rifiuti. Recentemente, la parte superiore di uno dei due fusti, completamente marcita, è crollata al suolo.

Il Faggio nr. 3 è invece alquanto discosto dai primi e per arrivarvi occorre proseguire lungo la stessa stradina sterrata che passa accanto al primo Faggio; dopo due-trecento metri si incontrerà un bivio, dove si deve imboccare il viottolo, sempre sterrato, di destra, fino ad arrivare ad un recinto di filo spinato; non lo si deve oltrepassare, ma occorrerà costeggiarlo seguendo un sentiero verso destra che ci porterà ad una valletta sul fondo della quale, sulla sinistra, apparirà lo splendido esemplare.

L’intero percorso non supera il chilometro.

La pianta occupa il centro di questa cavità del terreno ed è circondata, a breve distanza, da altri alberi della stessa specie, i quali anziché offuscarla ne esaltano la maestosità consentendo di valutare la differenza di dimensioni.

La passeggiata sull’altopiano potrebbe proseguire – molto meglio se a piedi – per visitare altri grandi faggi, sbizzarrirsi a stilare una classifica e scoprire quale sia il 4°, il 5°, ecc., ma forse è meglio fermarsi qui, a godere per qualche momento di tutto quello che la natura a Canfaito ti sa regalare.

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